A chi mi chiede perché ho deciso di dedicarmi alla Danza Movimento Terapia….
Rispondo che mi ha salvato la vita. Già perché in fondo è proprio così, in anni di pratica mi ha ridato la capacità di sentire, di amarmi, di apprezzarmi per ciò che sono e di tracciare la mia strada e ora che sono Danza Movimento Terapeuta di professione, conduttrice di meditazioni, organizzatrice professionale per il benessere e futura psicologa in formazione, vorrei condividere con te questo piccolo segreto.
Cos’ha tanto di speciale il movimento come terapia o lavoro di crescita personale?
La preziosità sta nel fatto di saper essere semplicemente spontaneo e vero, senza filtri, senza aspettative o manipolazioni, è così com’è, bello o brutto, coordinato o scoordinato, ma non importa. Ciò che fa emergere è la tua verità personale, ciò che provi ed il tuo personale modo di rapportarti all’ambiente circostante e agli altri.
Guarda la spontaneità nei giochi dei bambini, non si preoccupano di danzare correttamente, di fare performance perfette, di avere una presenza eretta e fiera, a loro interessa solo esprimere se stessi, ciò che sentono, al massimo della creatività, senza intrappolarsi in pensieri limitanti o fissi.
Johan Chodorw, analista Junghiana e Danza Movimento Terapeuta dice: “I nostri più intensi momenti di commozione di solito ci lasciano senza parole ed è proprio in questi momenti che il corpo riesce a comunicare ciò che altrimenti resterebbe inespresso”.
“La ritualità del movimento libero offre una modalità espressiva e un contenitore all’ansia di fronte a ciò che non conosciamo. Diventa quindi veicolo di espressione, trasmissione e trasformazione delle nostre emozioni. “
E quindi ora ti chiederai, ma alla fine cosa ci faccio con tutta questa spontaneità?
Essere consapevoli del proprio corpo e di come ci si muove nel mondo aiuta ad acquisire una maggiore sicurezza e capacità di relazione con gli altri, nelle relazioni personali e nel lavoro. Imparare di nuovo ad ascoltarsi per vivere meglio, significa non solo ascoltare i propri pensieri, ma anche le proprie sensazioni e ciò che emerge dal corpo, al di là della nostra immagine riflessa allo specchio, che ci identifica in qualcosa di fisso e immutabile.
Galimberti afferma che il corpo disegna lo spazio della vita, disegna il tempo. Si parla di vissuto corporeo poiché è il corpo che vive le situazioni del mondo.
Non vi è “Persona” senza “Corpo”: noi siamo il nostro personale sentire, siamo ciò che esprimiamo, siamo ciò di cui facciamo esperienza. A questo punto diventa importante tracciare un filo tra l’espressione corporea e la coscienza, che permetta anche solo minimamente di toccare la nostra realtà e farci sentire un po’ integri e centrati in questo complesso mondo.